Personale, cinque regole per le assunzioni
04 Gennaio 2018 - Il Sole 24 Ore - Enti Locali & PA - di Tiziano Grandelli e Mirco Zamberlan
Turn over pieno allargato ai Comuni virtuosi con popolazione fino a 5mila abitanti. La legge di bilancio 2018 aumenta la dimensione di questi enti locali che possono beneficiare della sostituzione al 100% del personale cessato, portando il limite superiore da 3mila a 5mila abitanti. In sostanza, quindi, si torna alla disposizione che regolamentava le assunzioni di personale a tempo indeterminato in queste amministrazioni quando non erano soggette all’ex patto di stabilità. Con la differenza che, ora, il vincolo riguarda solo la spesa dei cessati e non più le unità. I nuovi spazi per le assunzioni vanno gestiti con la nuova proroga delle graduatorie, disposta dalla stessa legge di bilancio.
La regola generale
La regola generale consente nuovi ingressi di personale nel limite del 25% della spesa relativa ai dipendenti cessati nell’anno precedente. Una prima eccezione è prevista per gli enti che, nel 2015, non erano sottoposti al patto di stabilità, i quali, se rispettano il rapporto tra dipendenti e popolazione previsto per le amministrazioni dissestate (Dm 10 aprile 2017), possono assumere nel limite del 75% delle cessazioni dell’anno precedente, sempre in termini di spesa. Per i Comuni con popolazione compresa fra mille e 5mila abitanti e un rapporto fra la spesa di personale e la media delle entrate correnti dell’ultimo triennio inferiore al 24%, la percentuale si innalza al 100%. Lo spirito della norma è chiaro: si vuole rispondere alle esigenze dei piccoli Comuni dove anche una sola cessazione, a cui non corrisponda una nuova assunzione, può mettere a rischio l’erogazione delle funzioni fondamentali previste per legge.
Province e città metropolitane
Anche le Province e le Città metropolitane possono tirare un sospiro di sollievo in materia di gestione delle risorse umane. Fino a oggi erano interessate alla cura dimagrante che doveva sfociare nella loro soppressione, ma visti gli sviluppi che la vicenda ha registrato il legislatore ha pensato bene di abrogare il divieto generalizzato di assunzione per questi enti locali.
Per sbloccare la situazione, le Province e le Città metropolitane devono provvedere a definire un «piano di riassetto organizzativo», rispettando, però, il limite della dotazione organica fissato con la legge di stabilità 2015, dove era previsto un taglio secco, rispettivamente, del 50% e del 30%. Il piano deve avere, come scopo, la gestione ottimale delle funzioni fondamentali. Per le Province virtuose delle regioni a statuto ordinario, dal 2018, viene introdotto il turn over pieno, con riferimento al personale cessato l’anno precedente. In questo caso il parametro di virtuosità è rappresentato dal rapporto fra spesa complessiva di personale, al lordo degli oneri riflessi a carico del datore di lavoro, e le entrate correnti dei primi tre titoli del bilancio: rapporto che deve essere inferiore o pari al 20%. Le nuove assunzioni dovranno essere destinate prioritariamente, dice la norma, ai settori della viabilità e dell’edilizia scolastica.
Il limite della dotazione organica
Il tutto trova un limite invalicabile: la dotazione organica rivisitata come sopra illustrato. Per le Province in cui il rapporto fra spesa di personale ed entrate correnti supera il 20%, la percentuale di sostituzione è fissata al 25%. Infine, per tutte le amministrazioni provinciali è possibile utilizzare i resti, che riguarderanno il triennio precedente, allargando anche a questi soggetti la discussione in atto sulla loro quantificazione.
Per le Città metropolitane, si autorizzano le assunzioni al pari delle Province e nel limite di spesa della dotazione organica come rideterminata in base alla legge di stabilità 2015 che vedeva una riduzione in misura del 30%. Non si comprende la necessità un periodo ad hoc per queste amministrazioni in quanto sembra che la disposizione da applicare sia del tutto identica a quella prevista per le Province.
Infine, un via libera per le Province delle regioni a statuto ordinario anche in tema di lavoro flessibile. Ma la porta non è spalancata: viene introdotto un limite pari al 25% della spesa sostenuta per il medesimo titolo nel 2009. La definizione di lavoro flessibile non sempre presenta contorni ben precisi. A questo fine si ritiene possa soccorrere quanto previsto dall’articolo 36 del Dlgs 165/2001.
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