Il contratto decentrato 2018 alla luce del nuovo CCNL
Dicembre 2018 - AziendItalia - Il PERSONALE
di Tiziano Grandelli e Mirco Zamberlan
Esperti in gestione e organizzazione delle risorse umane nella Pubblica Amministrazione
Il contratto collettivo nazionale di lavoro sottoscritto il 21 maggio 2018 ha messo in difficoltà le
amministrazioni locali sul versante della contrattazione decentrata: i dubbi interpretativi sull’applica-
zione di alcuni istituti, sia in sede di costituzione che di utilizzo del fondo per le risorse decentrate,
hanno spinto gli enti ad adottare uno spirito attendista. È appena il caso di ricordare che è stato risolto
solo di recente il problema inerente all’assoggettamento al limite del salario accessorio dei diffe-
renziali delle progressioni economiche stabiliti dal CCNL ovvero la possibilità di consolidare anche lo
0,20% del monte salari 1997 riservato alle alte professionalità. In sostanza, si è arrivati ad oggi con
molti Comuni e Province che non hanno ancora sottoscritto il contratto decentrato e si interrogano
sulle modalità più corrette per superare l’empasse.
La procedura
Il percorso che deve portare alla sottoscrizione del
CCDI è disegnato dall’art. 8 del CCNL. Innanzitutto
l’ente provvede alla nomina della delegazione di
parte pubblica. In verità, l’amministrazione dovrebbe
aver già adottato il relativo atto in quanto il CCNL
impone, per tale adempimento, il termine di 30 giorni
dalla stipulazione dello stesso contratto collettivo
nazionale. Si ritiene che la nomina in questione
risulti necessaria anche nel caso di conferma dei
componenti della delegazione trattante di parte
pubblica.
La Giunta Comunale adotta l’atto di indirizzo alla
predetta delegazione trattante, in base al quale
viene predisposta la piattaforma, sulla quale inizia
la discussione. Risulta evidente che una piattaforma
predisposta dall’amministrazione pone la medesima
su un piano di vantaggio nella trattativa in quanto si
parte da proposte proprie dell’ente. Le trattative
devono procedere secondo i principi di responsabilità,
correttezza, buona fede e trasparenza nei comportamenti,
sino al momento in cui si raggiunge
l’accordo e si sottoscrive l’ipotesi di contratto
decentrato. In assenza di accordo, l’amministrazione
può procedere all’applicazione unilaterale dell’ipotesi
di accordo quando il ritardo nella stipula del
CCDI determina un oggettivo pregiudizio alla funzionalità
dell’azione amministrativa.
Sottoscritta l’ipotesi di accordo, la cui evidenza
deve risultato da apposito verbale (l’unico obbligatorio),
la stessa ipotesi va inviata, unitamente
alla relazione illustrativa e alla relazione tecnicofinanziaria,
al revisore o al collegio dei revisori,
entro 10 giorni la predetta sottoscrizione. L’organo
di revisione si deve esprimere sulla legittimità dei
contenuti e sulla sostenibilità finanziaria del
CCDI. Il parere va espresso entro 15 giorni dal
ricevimento dell’ipotesi. Se negativo, le parti
devono riprendere le trattative entro 5 giorni per
rimuovere le cause che hanno determinato detto
parere non favorevole. Se, al contrario, il parere è
positivo, la Giunta Comunale autorizza il presidente
della delegazione trattante di parte pubblica
alla sottoscrizione definitiva del CCDI. Solo con
questa sottoscrizione definitiva, unitamente alla
firma delle organizzazioni sindacali (o almeno
una di esse) si ha un contratto decentrato pienamente
efficace. La procedura termina con la trasmissione
del contratto decentrato all’ARAN e al
CNEL per via telematica entro 5 giorni la sottoscrizione
definitiva. Infatti, ai sensi dell’art. 40,
comma 4, del D.Lgs. n. 165/2001:
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“Le Pubbliche Amministrazioni adempiono agli obblighi assunti con i contratti collettivi nazionali o integrativi dalla data della sottoscrizione
definitiva e ne assicurano l’osservanza nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti.”
Stesso percorso deve essere riservato all’ipotesi di
contratto decentrato applicata unilateralmente,
come sopra accennato.
Come si può notare, il procedimento che porta alla
stipulazione del CCDI non risulta, sostanzialmente,
diverso da quanto già prevedeva, in precedenza, l’art.
5 del CCNL 01/04/1999, come sostituito dall’art. 4
del CCNL 22 gennaio 2004. In tal senso si è espressa
l’ARAN, con il parere CFL13 del 9 ottobre scorso.
Il contratto decentrato 2018
Quindi, arrivati a questo punto, con la fine dell’anno
alle porte, cosa si può fare? Sono evidenti le criticità
di una sottoscrizione del contratto decentrato a fine
anno: l’effetto premiante che connota molte voci del
salario accessorio viene meno quando tale decisione
viene assunta, sostanzialmente, a conclusione del
periodo. Il dipendente dovrebbe conformare la sua
condotta all’obiettivo di raggiungere il meglio del suo
operato per conseguire il premio, ma il tempo ormai è
già scaduto. Di fatto, la firma a fine anno di un CCDI
si tramuta in una sorta di sanatoria di comportamenti
già adottati. Spesso nei verbali ispettivi della Ragioneria
dello Stato si leggono le contestazioni in merito
a comportamenti del genere, anche se, di recente, sia
l’ARAN (parere CFL37) che la Corte dei conti
(sezione per il Friuli Venezia Giulia, delibera n. 29/
2018) hanno cercato di mitigarne gli effetti negativi
almeno in relazione ai premi legati alla performance.
Evidenti sono, altresì, le pressioni per l’applicazione
dei nuovi istituti contrattuali introdotti con ilCCNL
del maggio 2018.Masu questo punto l’ARANè stata
chiara: nello stesso parere sopra richiamato ha affermato
che le novità introdotte dal CCNL possono
essere applicate solo con la stipula di contratti decentrati
che riguardino il 2018 o gli anni seguenti. In caso
contrario, si giungerebbe a dare effetto retroattivo
alle disposizioni contenute nel CCNL.
Risulta chiaro che, se l’amministrazione ha sottoscritto
un contratto decentrato prima dell’entrata
in vigore del nuovo CCNL, lo stesso spiega regolarmente
i suoi effetti nei modi e nei tempi dallo stesso
previsti. Ma qui si discute del caso in cui ciò non si sia
verificato; situazione che riguarda la stragrande maggioranza
degli enti.
Il punto di partenza è rappresentato da un orientamento
ormai consolidato della giurisprudenza. La
Corte di Cassazione (vedasi ad esempio, sezione
Lavoro, sentenza 18 settembre 2007, n. 1935) ha
affermato che:
“sono in ogni caso fatti salvi quei diritti, già entrati a far parte del patrimonio del lavoratore quale corrispettivo di una prestazione già resa e,
nell’ambito di un rapporto (o di una sua fase) già esauritasi, non potendo di contro ricevere tutela, in mancanza di alcun sostegno normativo,
mere pretese alla stabilità (o alla protrazione nel tempo) di benefici economici e di aspettative derivanti da precedenti favorevoli
regolamentazioni”.
Il problema si pone in quanto il nuovo CCNL non
contiene alcuna disposizione transitoria in merito
alla sua applicazione.
A disposizione ci possono essere quattro soluzioni:
1) l’ultrattività del contratto decentrato 2017, senza
la firma del CCDI per il 2018;
2) la sottoscrizione del contratto decentrato 2018 nel
2019;
3) un cosiddetto “contratto ponte” 2018;
4) un nuovo contratto decentrato per il 2018.
L’ultrattività del CCDI 2017 o precedenti, senza
la firma del CCDI per il 2018
Una prima soluzione può essere rappresentata dall’ultrattività
del contratto decentrato del 2017. Già
nel CCNL del 1° aprile 1999, all’art. 5 sopra richiamato,
con riferimento ai contratti decentrati, era
stabilito che:
“Essi conservano la loro efficacia fino alla stipulazione, presso ciascun ente, dei successivi contratti collettivi decentrati integrativi”.
Stessa previsione è contenuta nell’art. 8 del CCNL
del 21 maggio 2018.
Con riferimento alla precedente disposizione,
l’ARAN, con il parere 4 giugno 2001, RAL160,
aveva affermato che:
“Ai sensi dell’art. 5, comma 4 del CCNL dell’1 aprile 1999 e successive modifiche, “i contratti collettivi decentrati integrativi…conservano la
loro efficacia fino alla stipulazione…dei successivi contratti collettivi decentrati integrativi”.
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Pertanto, fino a quando non sarà sottoscritto il nuovo contratto integrativo, l’ente dovrà continuare ad applicare tutte le clausole del precedente
contratto integrativo (obbligo che scaturisce da una specifica clausola delCCNLche l’ente non può nonadempiere); il mancato pagamento, agli
aventi diritto, delle indennità da voi indicate e delle retribuzioni di posizione e di risultato sarebbe del tutto ingiustificato e fonte di inevitabili
contenziosi che vedrebbero sicuramente soccombente l’amministrazione.”
Quindi, sembra pacifico che il contratto decentrato
sottoscritto per l’anno 2017 possa spiegare i suoi
effetti anche nel 2018. Questo, però comporta un
passaggio obbligatorio: il responsabile della gestione
delle risorse umane deve verificare il rispetto di
quanto stabilito dall’art. 40, comma 3, del D.Lgs.
n. 165/2001. In questo ambito, sempre l’ARAN,
con il parere 5 luglio 2012, RAL_1217, dopo aver
riaffermato il principio della ultrattività del CCDI,
ha chiarito che:
“Non possono, tuttavia, trovare applicazione le clausole del precedente CCDI qualora queste siano difformi dalle regole del nuovo CCNL
che nel frattempo sia, eventualmente, intervenuto. Si tratterebbe, infatti, di clausole nulle per contrasto con le disposizioni dei Contratti
Collettivi Nazionali, stante il preciso vincolo dell’art. 40, comma 3, del D.Lgs. n. 165/2001, che richiede un forte vincolo di coerenza fra
CCNL e CCDI”.
È noto che le clausole nulle non possono essere
applicate e sono sostituite ai sensi degli artt.
1339 e 1419, secondo comma, Cod. civ., così
come previsto dal comma 3-quinques del medesimo
art. 40. Un esempio può essere rappresentato
dalle progressioni economiche all’interno
della categoria. Mentre in passato la contrattazione
decentrata si limitava ad individuare le
risorse destinate a tale istituto, con il nuovo
CCNL (art. 7, comma 4, lett. c) è necessario,
oltre a quanto già previsto, fissare i criteri per la
definizione delle procedure. Pertanto, in mancanza
di un nuovo CCDI non sembra possibile
attivare nuove progressioni economiche, a meno
che la procedura fosse già in essere alla data di
sottoscrizione del CCNL del 21 maggio 2018
(art. 16, comma 10, dello stesso contratto).
La giurisprudenza (Corte di Cassazione, sezione
lavoro, sentenza 12 febbraio 2000, n. 1576) ha chiarito
che la ultrattività del contratto decentrato deve
essere prevista nel contratto stesso. Si legge, infatti,
in tale sentenza:
“solo l’espressa previsione nel contratto collettivo di una clausola di ultrattività può determinare il protrarsi degli effetti oltre la sua naturale
scadenza ... richiedendo l’ultrattività degli accordi sindacali il consenso di entrambe le parti sociali”.
In altre parole, anche l’ultrattività deve essere
oggetto di apposito accordo tra le parti che siedono
al tavolo delle trattative. Il principio è stato ribadito,
di recente, anche la stessa Corte di Cassazione, con la
sentenza 7 ottobre 2010, n. 20784. D’altro canto, è
pur vero che la stessa Corte di Cassazione, sezione
lavoro, con la sentenza 18 settembre 2007, n. 19351,
già citata, ha affermato che:
“il contratto collettivo, senza predeterminazione diun termine di efficacia,non può vincolare per sempretutte le parti contraenti, perché finisce
in tal senso di vanificarsi la causa e la funzione sociale della contrattazione collettiva”.
Se da un lato la strada della ultrattività del contratto
decentrato possa ritenersi del tutto legittima, dall’altro
due dovrebbero essere i soggetti che, nell’amministrazione,
potrebbero avere buoni motivi per
ostacolare tale scelta:
a) per quanto affermato nel parere ARAN CFL13
sopra richiamato, l’introduzione dei nuovi istituti
previsti dall’ultimo CCNL (l’indennità condizioni
di lavoro, l’indennità di servizio esterno, l’indennità
di funzione) sono applicabili solo a seguito della
firma di un CCDI posteriore allo stesso CCNL.
Parimenti gli incrementi dell’importo massimo di
alcune voci retributive (l’indennità di specifiche
responsabilità, l’indennità di reperibilità, ecc.) possono
essere applicati solo a seguito di un passaggio
nella contrattazione decentrata, per stabilirne i criteri.
I dipendenti, in ogni caso, faranno pressione
affinché tali istituti o tali incrementi siano, comunque,
applicati e, quindi, spingono per la firma di un
nuovo CCDI;
b) nella stessa strada che vuole l’apertura del tavolo
delle trattative per arrivare alla sottoscrizione di un
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contratto decentrato si pongono le organizzazioni
sindacali. Il nuovoCCNLha ampliato notevolmente
le materie oggetto di contrattazione e, quindi, i sindacati
rivendicano il diritto di poter intervenire nelle
relative decisioni.
Due sono gli effetti negativi dell’applicazione dell’ultrattività
del contratto decentrato, che sono stati
evidenziati in maniera molto chiara dall’ARAN,
nel parere RAL_1217, già citato. Si legge, tra l’altro,
in tale parere:
“Infatti, il mancato rinnovo, inoltre, fermo l’ultrattività del precedente contratto decentrato integrativo, comporta l’impossibilità di utilizzare
eventuali risorse ulteriori ed aggiuntive rispetto a quelle considerate nel CCDI che continua a trovare applicazione, derivanti ad es.
dall’applicazione di quelle fonti di alimentazione delle risorse decentrate, soprattutto quelle di natura variabile di cui all’art. 31, comma 3, del
CCNL del 22 aprile 2004, che, come è noto, devono essere quantificate annualmente, essendo esclusa ogni forma di stabilizzazione delle
stesse.
Occorre, poi, considerare anche che, ove il precedente contratto integrativo fosse transitoriamente ed integralmente applicato sulla base del
principio della ultrattività, le scelte di questo in ordine ai vari istituti, impegnando le precedenti risorse anche per il nuovo periodo temporale di
riferimento (ed in attesa del nuovo contratto integrativo), finirebbe per tradursi in un inevitabile vincolo in ordine ai contenuti di quello nuovo in
fase di negoziazione (riguardante il medesimo periodo temporale), in grado di limitarne la capacità innovativa.”
In sostanza, quindi, l’ultrattività da un lato impedisce
di utilizzare eventuali nuove risorse che potrebbero
essere inserite nell’anno di riferimento e, dall’altro,
vincola l’utilizzo delle somme disponibili rispetto ad
eventuali nuove destinazioni.
La mancata riattivazione della contrattazione decentrata
ha ripercussione anche sulla costituzione del
fondo. Il CCNL del 21 maggio 2018, all’art. 4, prevede,
infatti, che:
“In sede di contrattazione integrativa, ove nel bilancio dell’ente sussista la relativa capacità di spesa, le parti verificano l’eventualità
dell’integrazione, della componentevariabile di cui alcomma3, sino adun importomassimocorrispondente all’1,2%su base annua, delmonte
salari dell’anno 1997, esclusa la quota relativa alla dirigenza.”
È evidente, quindi, che, in assenza di contrattazione,
anche l’1,20% del monte salari 1997 non può essere
inserito tra le voci di costituzione del fondo per le risorse
decentrate. È appena il caso di ricordare che tale
importo è soggetto al vincolo previsto per il salario
accessorio dall’art. 23, comma 2, delD.Lgs. n. 75/2017.
Nessun problema, al contrario, presenta l’ultrattività
del contratto decentrato sul piano finanziario.
Il principio contabile contenuto nell’allegato 4/2,
punto 5.2, al D.Lgs. n. 118/2011 dispone,
infatti, che:
“alla fine dell’esercizio, nelle more della sottoscrizione della contrattazione integrativa, sulla base della formale delibera di costituzione del
fondo, vista la certificazione dei revisori, le risorse destinate al finanziamento del fondo risultano definitivamente vincolate. Non potendo
assumere l’impegno, le correlate economie di spesa confluiscono nella quota vincolata del risultato di amministrazione, immediatamente
utilizzabili secondo la disciplina generale, anche nel corso dell’esercizio provvisorio.”
Sostanzialmente, quindi, basta la determinazione
di costituzione del fondo per le risorse decentrate,
munita del visto dell’organo di revisione,
per imporre il vincolo di destinazione a tutte le
risorse in esso previsto, sia di parte stabile che di
parte variabile. Se, nel contempo, non è stato
sottoscritto il contratto decentrato, le risorse
confluiscono nell’avanzo vincolato. Solo in
caso di mancata costituzione del fondo, nel risultato
di amministrazione vincolata affluiscono le
risorse per la sola parte stabile del fondo stesso.
Prosegue, infatti, il principio contabile:
“In caso di mancata costituzione del fondo nell’anno di riferimento, le economie di bilancio confluiscono nel risultato di amministrazione,
vincolato per la sola quota del fondo obbligatoriamente prevista dalla contrattazione collettiva nazionale. Identiche regole si applicano ai fondi
per il personale dirigente.”
Parimenti, non presenta ostacoli la mancata sottoscrizione
di un contratto decentrato per il periodo
temporale di riferimento, la quale non impedisce di
“saltare” tale periodo e stipulare il CCDI per il
periodo successivo. L’ARAN, con il parere 5 luglio
2012, RAL_1217 ha affermato che:
“Per quanto di competenza, la scrivente Agenzia non può che ribadire quanto già affermato in altri precedenti orientamenti applicativi resi ad
altre amministrazioni, secondo cui, se non si proceduto alla stipulazione del CCDI per il periodo temporale di riferimento connesso ai rinnovi dei
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CCNL, nulla osta, sotto il profilo giuridico, a stipulare il nuovo CCDI anche e solo con esclusivo riferimento al periodo temporale successivo
quadriennio, utilizzando in tale ambito le risorse a tal fine disponibili.
Nessuna disposizione legale o contrattuale, infatti, impone, come elemento assolutamente necessario del rinnovo contrattuale, il rispetto di
una successione completa e continua dei vari CCDI, in linea con i diversi archi temporali di riferimento.
Tale indicazione, infatti, proprio per la sua generalità non può non trovare applicazione anche con riferimento anche ai CCDI relativi a singole
annualità economiche, soprattutto nei casi in cui non vi siano motivi per modificare quello precedente o, soprattutto, non vi siano risorse nuove
ed ulteriori da utilizzare per le finalità degli art.27 e 29 del CCNL della dirigenza del Comparto Regioni-Autonomie Locali del 23 dicembre 1999
(per le diverse finalità indicate nell’art. 17 del CCNL dell’1 aprile 1999 relativamente al personale dirigente).”
Concludendo, sul piano pratico, l’ultrattività
consente la corresponsione di tutte quelle indennità
(rischio, disagio, reperibilità, specifiche
responsabilità, ecc.) la cui disciplina è contenuta
nel CCDI relativo all’annualità precedente.
In ordine a nuove progressioni, le stesse possono
essere attivate sempre nel caso in cui il precedente
CCDI le disponga e siano già state attivate
alla data del 21 maggio 2018. Per quanto
riguarda i premi legati alla performance, qualora
il relativo ciclo sia stato rispettato e, quindi, gli
obiettivi siano stati portati a conoscenza a tempo
debito, sembra possibile procedere al loro riconoscimento,
anche in questo caso con le regole
contenute nel precedente CCDI.
La sottoscrizione del contratto decentrato
2018 nel 2019
Mentre in passato sia l’ARAN che gli ispettori della
Ragioneria Generale dello Stato avevano sempre censurato
il contratto decentrato sottoscritto l’anno successivo
per l’anno precedente, recentemente la stessa
ARAN si è espressa con un’apertura in tal senso.
Riprendendo la deliberazione della Corte dei conti
per il Friuli Venezia Giulia n. 20/2018, l’Agenzia ha
sostenuto che, in presenza di un piano delle performance
regolarmente approvato e con l’assegnazione formale di
obiettivi effettuata all’inizio del periodo, risulta possibile
procedere alla corresponsione del premio legato
alla performance anche se il CCDI è stato sottoscritto
l’anno successivo. Si legge, infatti, nel parere ARAN
30 ottobre 2018, CFL37:
“Tale pronuncia affronta il caso in cui, pur in presenza di un contratto integrativo sottoscritto l’anno successivo, sussistano tutti i requisiti
sostanziali per l’erogazione dei compensi correlati alla performance: oltre a un’adeguata, formale e definitiva costituzione del Fondo entro
l’anno, certificato dall’Organo di revisione, anche una tempestiva assegnazione degli obiettivi (individuali e/o collettivi) inmodoche il personale
dipendente “abbia potuto dispiegare consapevolmente e proficuamente le proprie energie lavorative a fronte dell’attività incentivata e
nell’interesse finale dell’ente”.
Sussistendo tali requisiti sostanzialied avendo la contrattazione integrativa - ancorché definitasi nell’anno successivo - operato nei limiti del suo
ambito di riferimento, senza avere alcuna parte nell’individuazione degli obiettivi, nella determinazione del loro valore e del personale da
coinvolgere, nella fissazione dei criteri di valutazione, le somme destinate ad incentivare la produttività possono comunque essere erogate.”
In sostanza, quindi, viene salvato il premio legato alle
performance. Al contrario, però, non risulta possibile
procedere al riconoscimento delle progressioni economiche
in quanto la decorrenza delle stesse non si
può collocare anteriormente al 1° gennaio dell’anno
in cui viene sottoscritto il CCDI. Pertanto, al massimo
potrebbero avere decorrenza non prima del 1°
gennaio 2019. Parimenti gli incrementi delle indennità
ovvero l’introduzione di nuovi istituti, per
quanto detto sopra, possono riguardare solo periodi
che si collocano successivamente alla data di sottoscrizione
del CCDI, non potendo quest’ultimo avere
effetto retroattivo.
Il contratto decentrato ponte
Una parte della dottrina suggerisce alle amministrazione
l’adozione di un contratto ponte, vale a dire la
sottoscrizione di un accordo contenente clausole
transitorie che disciplinino quei pochi aspetti del
trattamento economico ritenuti prioritari dagli enti
stessi. Si sostanzia in un mix di due soluzioni possibili:
per una parte di disposizioni si sposa la tesi della
ultrattività, per altre disposizioni si procede alla definizioni
di una nuova e diversa disciplina, recependo
eventuali novità introdotte dalle leggi o dal CCNL.
L’adozione di una simile soluzione sembra lasciare
aperto un dubbio di notevole portata. Considerato
che anche l’accordo ponte è, per sua natura, un
contratto decentrato, cosa ne è di tutti quegli istituti
non regolamentati in detto accordo e che entrano in
vigore alla sottoscrizione del primo CCDI successivo
al CCNL del 21 maggio 2018? Un esempio può
aiutare a chiarire. Si sottoscrive un accordo ponte
che regolamenta una serie di istituti ma non parla
dell’indennità condizioni lavoro. In tale ipotesi,
come si deve comportare l’amministrazione in ordine
alle vecchie indennità di disagio, di rischio e di
maneggio valori? Può continuare a corrisponderle?
Stante il tenore letterale dell’art. 70-bis del nuovo
CCNL, la risposta dovrebbe essere negativa, ma, nel
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contempo, non potrebbe riconoscere nemmeno la
predetta indennità condizioni lavoro in quanto non
oggetto del CCDI.
Seppur in presenza di tale problema interpretativo,
vi è da segnalare che un accordo ponte è stato
sottoscritto dall’ARANcon le organizzazioni sindacali
in data 27 luglio 2018 per i dipendenti dell’Agenzia
stessa.Da un lato si richiama in toto la validità
dei contratti decentrati sottoscritti nel 2015, nel
2016 e nel 2017, prorogandone la validità per il 2018
se e in quanto non incompatibili con le norme di
legge e diCCNL intervenute nel tempo; dall’altro si
adeguano le disposizioni in materia di attribuzione
dei premi di performance individuale e delle relative
maggiorazioni.
Un nuovo contratto decentrato per il 2018
La soluzione che rispetta il contratto collettivo nazionale
nel suo complesso è rappresentata, senza dubbio,
dalla sottoscrizione di un contratto collettivo decentrato
integrativo per l’anno 2018. Sicuramente questa
strada rappresenta la più impegnativa sia per
l’amministrazione che per le organizzazioni sindacali,
ma lascia tutti gli attori più tranquilli e risponde in
maniera piena alle attese dei soggetti coinvolti.
Il primo problema da affrontare per la definizione di
una nuova ipotesi di CCDI è rappresentato dalla sua
validità temporale. L’art. 8 del CCNL 21 maggio
2018 stabilisce che “il contratto collettivo integrativo
ha durata triennale”, mentre l’accordo per la ripartizione
del fondo per le risorse decentrate può avere
durata annuale. Quest’ultima rappresenta la prima
novità di rilievo: il contratto decentrato di parte
economica può (e non deve, come in passato)
avere durata annuale. Ciò significa che si può arrivare
ad un contratto decentrato triennale che disciplini
sia la parte giuridica che quella economica. Tale
opportunità se da un lato semplifica la gestione
delle risorse umane nelle amministrazioni, in quanto
con una tornata contrattuale si definisce un arco
temporale triennale, dall’altra obbliga il responsabile
dell’ufficio personale a predisporre la costituzione del
fondo per le risorse decentrate con una visione temporale
pure triennale. Questo richiede, necessariamente,
che, per alcune voci, si proceda ad una
previsione, che dovrà essere confermata o integrata
a consuntivo. Si pensi, ad esempio, alla retribuzione
individuale di anzianità, alle economie del fondo per
lo straordinario o alle economie del fondo per le
risorse decentrate dell’anno precedente.
Altra questione è rappresentata dalla individuazione
del triennio. Si potrebbe pensare al triennio
2018/2020, come parrebbe ovvio. In realtà,
l’ARAN, seppur riferito ad una tornata precedente,
ha affermato, nel parere RAL714, che
contratto nazionale e contratto decentrato debbano
avere lo stesso periodo di riferimento. Si
legge, infatti, in tale parere:
“Il periodo di riferimento del contratto decentrato, stipulato nel 2004 in applicazione delCCNL22 gennaio 2004, è relativo agli anni 2002-2005 o
2004-2007?
Il periodo temporale di riferimento per i contratti decentrati deve essere identico a quello che caratterizza i contratti collettivi nazionali. Sarà
pertanto formalmente riferito al quadriennio normativo 2002-2005 e al biennio economico 2002-2003.”
Nello stesso senso si può leggere anche il contratto
collettivo decentrato stipulato dall’ARAN per
l’anno 2018 e applicabile ai dipendenti dell’Agenzia.
In sostanza, tale CCDI ha validità per il solo anno
2018 (e non triennale) per allineare il periodo temporale,
rinviando al prossimo anno la stipula di un
contratto decentrato che abbracci il periodo 2019/
2021.
Per la sottoscrizione delCCDIè necessario affrontare
almeno le seguenti tematiche, la cui decorrenza è
direttamente legata alla prima contrattazione decentrata
successiva al contratto nazionale:
- l’indennità di condizioni di lavoro, regolamentata
dall’art. 70-bis delCCNL21 maggio 2018.Èdestinata
a remunerare lo svolgimento di attività disagiate,
rischiose o implicanti il maneggio dei valori. L’importo
giornaliero varia da 1 a 10 euro. Si tratta di un
nuovo istituto giuridico introdotto dal contratto
collettivo che sostituisce le predette indennità e
che decorre “a far data dal primo contratto integrativo
successivo alla stipulazione del CCNL”. Non
vengono esplicitamente abrogate le precedenti
indennità di rischio, disagio e maneggio anche se
risultano non più applicabili dalla sottoscrizione
del primo CCDI successiva al 21/05/2018. La contrattazione
decentrata deve regolamentare l’importo
sulla base dei criteri indicati nel CCNL;
- l’indennità di responsabilità, prevista dall’art. 70-
quinquies si pone in continuità con la precedente
disciplina. L’unica novità consiste nell’incremento
a 3.000 euro dell’importo massimo. Il contratto non
detta una disciplina transitoria; in ogni caso sembra
difficile ipotizzare un’efficacia retroattiva al 21 maggio
2018 di una eventuale rimodulazione dell’importo.
Ancora più arduo pensare di retroagire
all’inizio del 2018 atteso che il nuovo CCNL spiega
Organizzazione e gestione del personale
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i propri effetti dal giorno successivo la sua sottoscrizione
salvo esplicita indicazione (orientamento
ARAN CFL13);
- l’indennità di servizio esterno per il personale della
vigilanza, introdottadall’art.56-quinquies.La struttura è
molto simile all’indennità condizioni di lavoro in
quanto ha un valore giornaliero da 1 a 10 euro, ma
remunera il servizio esterno di vigilanza svolto in via
continuativa. Si tratta, quindi, di un’indennità non
prevista in precedenza neppure sotto altra nomenclatura.
Anche in questo caso decorre dalla data di sottoscrizione
del primo CCDI successivo al CCNL e,
pertanto, non può avere effetto retroattivo rispetto
alla firma del decentrato (orientamento ARAN
CFL13). La contrattazione decentrata deve regolamentare
l’importo sulla base dei criteri indicati nel CCNL.
Non risulta chiaro se il CCDI possa intervenire sulla
definizionedi servizioesternosvoltoinvia continuativa
e se l’importominimo di 1 euro debba essere comunque
corrisposto al verificarsi delle condizioni contrattuali;
- l’indennità di funzione per il personale della vigilanza,
regolamentata dall’art. 56-sexies. Costituisce
una sorta di indennità di responsabilità (alla quale
non può essere cumulata), ritagliata per le specifiche
esigenze della vigilanza. È quantificata in relazione al
grado rivestito, alle responsabilità, alla caratteristiche
dimensionali, istituzionali, sociali e ambientali
dell’ente. L’importo può arrivare fino a 3.000 euro
come l’indennità di responsabilità. Anche questa
indennità decorre dal primo CCDI successivo al
CCNL;
- le prestazioni aggiuntive per eventi di carattere
privato, introdotte dall’art. 22, comma 3-bis, D.L.
n. 50/2017 ed ora recepite e in parte regolamentate
dall’art. 56-ter. Anche in questo caso le disposizioni si
applicano dalla firma del primo CCDI successivo al
CCNL. Tuttavia il contratto non demanda alla contrattazione
decentrata alcuna materia. L’unica traccia
si trova nell’art. 22 del D.L. n. 50/2017 il quale
dispone che
“in sede di contrattazione integrativa sono disciplinate le modalità di utilizzo di tali risorse al fine di remunerare i relativi servizi in coerenza con le
disposizioni normative e contrattuali vigenti”
anche se questo non risolve i dubbi interpretativi. Da
un lato è il contratto nazionale che dispone di riconoscere
lo straordinario per i servizi aggiuntivi oltre
l’orario di lavoro (comma 1) a meno che siano rese
nei giorni di domenica o di riposo settimanale nei
quali, oltre allo straordinario, spetta anche il riposo
compensativo corrispondente alle ore di servizio
aggiuntivo prestato (comma 2). Se la materia è già
regolamentata cosa resta da contrattare? La questione
non è esplicita ma, a rigor di logica, rimane il caso
delle prestazioni effettuate in orario di lavoro e rimborsate
dai privati per le quali si potrebbe ipotizzare
un compenso al personale coinvolto. Oppure si deve
trattare di risorse rimborsate dai privati che non sono
state integralmente spese per straordinario e recupero.
In ogni caso preme evidenziare che non vi sono
certezze interpretative.
Oltre ai predetti istituti a contenuto economico
sarà necessario valutare se ricorrono le condizioni
per affrontare le numerose altre materie rimandate
alla contrattazione decentrata ovvero se confermare
le disposizioni contenute nel precedenti
CCDI in quanto compatibili con il nuovo quadro
contrattuale.
Organizzazione e gestione del personale
Azienditalia 12/2018 1607