Le novità contenute nella legge di bilancio e nel decreto milleproroghe 2017
premessa
Come ormai il legislatore ci ha abituato, la legge di bilancio assume la veste di contenitore in cui finiscono norme che riguardano le materie più disparate. Anche la legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio per l'anno 2017) è stata ricondotta ad un articolo unico, composto da 638, in cui troviamo, tra le altre, anche disposizioni in materia di personale della pubblica amministrazione e degli enti locali in particolare. Se questo non fosse sufficiente, il Governo, a distanza di pochi giorni, interviene nuovamente con il decreto milleproroghe (Dl. 30 dicembre 2016, n. 244) e detta ulteriori correttivi alla legislazione vigente in tema di lavoro pubblico.
comma 479: le capacità assunzionali 2017-2019
479. Ai sensi dell'articolo 9, comma 4, della legge 24 dicembre 2012, n. 243, a decorrere dall'anno 2018, con riferimento ai risultati dell'anno precedente e a condizione del rispetto dei termini perentori di certificazione di cui ai commi 470 e 473: (...)
d) per i comuni che rispettano il saldo di cui al comma 466, lasciando spazi finanziari inutilizzati inferiori all'1 per cento degli accertamenti delle entrate finali dell'esercizio nel quale è rispettato il medesimo saldo, nell'anno successivo la percentuale stabilita al primo periodo del comma 228 dell'articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, è innalzata al 75 per cento qualora il rapporto dipendenti-popolazione dell'anno precedente sia inferiore al rapporto medio dipendenti-popolazione per classe demografica, come definito triennalmente con il decreto del Ministro dell'interno di cui all'articolo 263, comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
Poche le novità in materia di capacità assunzionali per il triennio 2017-2019. Il comma 479 introduce un nuovo meccanismo volto a premiare gli enti virtuosi che riescono ad avvicinarsi il più possibile al rispetto dei saldi ovvero che si scostano dall'obiettivo positivamente per una percentuale inferiore all'1% rispetto agli accertamenti delle entrate finali. In questo caso, nell'anno successivo, e quindi dal 2018, le capacità assunzionali potranno passare dal 25% al 75% nel caso in cui il rapporto tra dipendenti medi e popolazione rientri nei limiti previsti per gli enti dissestati. Poiché la norma richiama espressamente l'art. 1, c. 228, della L. 208/2015 che ha validità per il triennio 2016-2018 l'agevolazione dovrebbe trovare applicazione solo nell'anno 2018.
Per altro verso la stessa disposizione interessa, di fatto, solo gli enti sopra i 10.000 abitanti atteso che per quelli inferiori la percentuale è elevata al 75% già dal 2016 se rispettano il rapporto tra dipendenti medi e popolazione previsto per gli enti dissestati (art. 1, c. 228, L. 208/2015).
Il decreto a cui fa riferimento la norma è da individuarsi nel DM 24 luglio 2014, il quale fissa i seguenti rapporti per i Comuni:
fascia demografica rapporto medio
dipendenti-popolazione
· fino a 499 abitanti 1/78
· da 500 a 999 abitanti 1/103
· da 1.000 a 1.999 abitanti 1/123
· da 2.000 a 2.999 abitanti 1/137
· da 3.000 a 4.999 abitanti 1/143
· da 5.000 a 9.999 abitanti 1/151
· da 10.000 a 19.999 abitanti 1/145
· da 20.000 a 59.999 abitanti 1/133
· da 60.000 a 99.999 abitanti 1/117
· da 100.000 a 249.999 abitanti 1/107
· da 250.000 a 499.999 abitanti 1/79
· da 500.000 abitanti e oltre 1/75
E' da evidenziare che tale decreto, per espressa previsione della norma, ha validità triennale e, quindi, abbraccia il triennio 2014/2016. Nelle more dell'adozione del decreto che fissa i limiti per il triennio 2017/2019 si consiglia un comportamento prudente in sede di programmazione delle assunzioni onde evitare che eventuali limiti più elevati possano compromettere le assunzioni effettuate in deroga.
Il quadro normativo complessivo è dato dal combinato disposto di numerose norme che impongono di distinguere tra personale dirigente e non dirigente.
Per il personale non dirigente:
a) art. 1, c. 228, L. 208/2015 detta la regola generale da applicare nel triennio 2016-2018: le pubbliche amministrazioni possono assumere personale a tempo indeterminato con qualifica non dirigenziale nel limite del 25% della spesa relativa al personale cessato nell'anno precedente. Per l'anno 2019 torna ad applicarsi la previsione contenuta nell'art. 3, comma 5, del D.L. 90/2014 secondo la quale è garantito il turnover al 100%;
b) nel triennio 2016-2018 la percentuale del 25% è aumentata al 75% per gli enti fino a 10.000 abitanti con il rapporto tra dipendenti medi e popolazione rientra nei limiti previsti per gli enti dissestati (art. 1, c. 228; L. 208/2015 come integrato dall'art. 16, c. 1bis, Dl. 113/2016). Per l'anno 2019 cessa la sua validità;
c) per il 2018 la percentuale è aumentata dal 25% al 75% per tutti gli enti che si scostino positivamente dall'obiettivo di saldo nel limite dell'1% ed il cui rapporto tra dipendenti medi e popolazione rientri nei limiti previsti per gli enti dissestati.;
d) nel triennio 2016-2018 l'art. 1, c. 228-bis, della L. 208/2015 prevede un piano straordinario di stabilizzazione degli insegnanti di scuola materna e per le educatrici dell'asilo nido, nel limite della spesa media sostenuta per le assunzioni a termine nel triennio 2013-2015;
e) per gli enti non soggetti al rispetto dei saldi (ex patto di stabilità) si conferma l'applicazione del turnover pieno previsto dall'art. 1, c. 562, L. 296/2006 espressamente richiamato dall'art. 16, c. 1bis, del D.L. 113/2016.
Per il personale dirigente l'art. 3, comma 5, del D.L. 90/2014 prevede il turnover all'80% nell'anno 2017 e al 100% dal 2018. E' da ricordare che l'art. 1, c. 219, della L. 208/2015 ha reso indisponibili i posti di dirigente che risultavano vacanti alla data del 15/10/2015. La Corte dei Conti del Veneto (delibera n. 12/2017) ritiene che rientrano nel campo di applicazione della norma anche i posti che, alla predetta data, erano coperti con dirigenti a tempo determinato ex art. 110 Tuel. Si segnala infine che nello schema di decreto legislativo di riforma del Tuip approvato in prima lettura dal Governo è prevista l'abrogazione del suddetto comma 219.
comma 475-478: le sanzioni per il mancato rispetto dei saldi
475. Ai sensi dell'articolo 9, comma 4, della legge 24 dicembre 2012, n. 243, in caso di mancato conseguimento del saldo di cui al comma 466 del presente articolo: (...)
e) nell'anno successivo a quello di inadempienza l'ente non può procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. È fatto altresì divieto agli enti di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della presente disposizione. Le regioni, le città metropolitane e i comuni possono comunque procedere ad assunzioni di personale a tempo determinato, con contratti di durata massima fino al 31 dicembre del medesimo esercizio, necessari a garantire l'esercizio delle funzioni di protezione civile, di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale nel rispetto del limite di spesa di cui al primo periodo del comma 28 dell'articolo 9 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122;
476. Nel caso in cui il mancato conseguimento del saldo di cui al comma 466 risulti inferiore al 3 per cento degli accertamenti delle entrate finali dell'esercizio del mancato conseguimento del saldo, nell'anno successivo a quello dell'inadempienza (...) la sanzione di cui al comma 475, lettera e), è applicata solo per assunzioni di personale a tempo indeterminato (...).
477. Agli enti per i quali il mancato conseguimento del saldo di cui al comma 466 sia accertato dalla Corte dei conti successivamente all'anno seguente a quello cui la violazione si riferisce, le sanzioni di cui al comma 475 si applicano nell'anno successivo a quello della comunicazione del mancato conseguimento del saldo, di cui al comma 478.
478. Gli enti di cui al comma 477 sono tenuti a comunicare l'inadempienza entro trenta giorni dall'accertamento della violazione mediante l'invio di una nuova certificazione al Ministero dell'economia e delle finanze -- Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.
Il mancato conseguimento dei saldi implica il divieto di assunzione di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale. Si tratta di una previsione già da tempo utilizzata dal legislatore e da interpretarsi in modo molto ampio comprendendo qualsiasi utilizzo di personale con oneri a carico dell'ente prescindendo dalla tipologia di contratto a cui viene fatto ricorso.
Per la prima volta il legislatore introduce una deroga che consente di assumere personale a tempo determinato (nei limiti dell'art. 9, c. 28, del D.L. 78/2010) nell'ambito di alcuni settori tutelati: protezione civile, polizia locale, istruzione sociale. Il termine del contratto non può eccedere il 31.12 dello stesso esercizio. La locuzione "assunzioni di personale a tempo determinato" legittima sicuramente l'utilizzo del contratto di lavoro a termine previsto dall'art. 36 del D.Lgs. 165/2001. Ci si chiede se, in questo ambito, possano essere utilizzate anche la somministrazione e le convenzioni visto che la norma non richiama in modo esplicito il contratto a tempo determinato. Si potrebbe ipotizzare quindi una ratio orientata a privilegiare la durata non superiore al 31 dicembre piuttosto che lo strumento contrattuale utilizzato. Meno dubbi dovrebbero sussistere per le collaborazioni, le prestazioni occasionali ed i voucher che non rientrano nelle "assunzioni".
La norma dovrebbe trovare applicazione dal 2018 in quanto fa riferimento al rispetto dei saldi previsti dal comma 466, che risulta applicabile dal 2017: "a decorrere dall'anno 2017 gli enti...". Se l'anno di decorrenza delle regole dei saldi è il 2017 significa che l'anno successivo a quello di inadempienza non può che essere il 2018. Quindi, per chi non ha rispettato i saldi nel 2016 non può effettuare alcuna assunzione nell'anno 2017. La disposizione è a regime in quanto il comma 466 regolamenta il rispetto dei saldi dal 2017 in poi.
Rimane da capire come si debba comportare un ente che, nel 2017, dovesse rilevare l'impossibilità del rispetto dei saldi nell'anno in corso. Pur in assenza di norme specifiche la Corte dei Conti ha più volte evidenziato che non è possibile porre in essere comportamenti che possano peggiorare i saldi compreso mettere in atto nuove assunzioni.
Il mancato rispetto dei saldi non solo blocca le assunzioni a tempo indeterminato ma comporta anche la perdita delle ordinarie capacità assunzionali, vale a dire la percentuale di turn over, per l'anno successivo a quello di mancato rispetto dei saldi, è pari a zero. Di conseguenza, anche nel triennio successivo non è possibile recuperare quelle facoltà assunzionali perse a titolo di resto.
Per gli enti il cui mancato conseguimento dei saldi sia accertato successivamente dalla Corte dei Conti dovranno applicare la sanzione nell'anno successivo a quello di invio della certificazione al MEF.
La graduazione delle sanzione è prevista dal comma 476 che limita la sanzione alle sole assunzioni a tempo indeterminato per gli enti che non hanno rispettato i saldi nel limite del 3% dell'obiettivo. In questo caso non vi è dubbio che possano essere utilizzati tutti gli strumenti contrattuali tipici dei rapporti di lavoro flessibile senza limitazioni di ambiti lavorativi.
comma 475-477: i compensi per gli amministratori in caso di mancato rispetto dei saldi
475. Ai sensi dell'articolo 9, comma 4, della legge 24 dicembre 2012, n. 243, in caso di mancato conseguimento del saldo di cui al comma 466 del presente articolo: (...)
f) nell'anno successivo a quello di inadempienza, il presidente, il sindaco e i componenti della giunta in carica nell'esercizio in cui è avvenuta la violazione sono tenuti a versare al bilancio dell'ente il 30 per cento delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza spettanti nell'esercizio della violazione.
476. Nel caso in cui il mancato conseguimento del saldo di cui al comma 466 risulti inferiore al 3 per cento degli accertamenti delle entrate finali dell'esercizio del mancato conseguimento del saldo, nell'anno successivo a quello dell'inadempienza (...) la sanzione di cui al comma 475, lettera f), è applicata dal presidente, dal sindaco e dai componenti della giunta in carica nell'esercizio in cui è avvenuta la violazione versando al bilancio dell'ente il 10 per cento delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza spettanti nell'esercizio della violazione (...).
Il mancato rispetto dei saldi ricade anche sui compensi spettanti agli amministratori nell'anno in cui in è avvenuta la violazione. La sanzione consiste nella restituzione del 30% dell'indennità spettanti. In caso di violazione nel limite del 3% la restituzione è limitata al 10%. Da segnalare che, a differenza del passato, la norma parla di "restuituzione". La disposizione che regolava la materia in precedenza (art. 1, comma 723, della L. 208/2015) prevedeva, alla lettera f) che:
"l'ente e' tenuto a rideterminare le indennità di funzione ed i gettoni di presenza del presidente, del sindaco e dei componenti della giunta in carica nell'esercizio in cui e' avvenuta la violazione, con una riduzione del 30 per cento rispetto all'ammontare risultante alla data del 30 giugno 2014."
E', quindi, venuta meno la "rideterminazione" in riduzione, che viene sostituita con la riduzione. Parimenti, è stato abrogato il riferimento ai compensi in essere al 30 giugno 2014, quale base di calcolo per la riduzione, che viene rimpiazzato con le indennità spettanti nell'esercizio in cui non sono stati rispettati i saldi.
Dal punto di vista fiscale le somme restituite vanno a compensarsi con quelle spettanti nel limite della capienza. Qualora le somme restituite eccedano quelle erogate (ovvero qualora non vi siano somme erogate) gli importi versati all'ente costituiscono per l'amministrazione un onere deducibili ai sensi dell'art. 10, comma 1, lett. d-bis), del Tuir ed andranno indicate nella CU dell'anno successivo.
comma 470: la certificazione del rispetto dei saldi
470. Ai fini della verifica del rispetto dell'obiettivo di saldo, ciascun ente è tenuto a inviare, utilizzando il sistema web, appositamente previsto nel sito «http://pareggiobilancio.mef.gov.it», entro il termine perentorio del 31 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento, al Ministero dell'economia e delle finanze -- Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato una certificazione dei risultati conseguiti, firmata digitalmente (…).La mancata trasmissione della certificazione entro il termine perentorio del 31 marzo costituisce inadempimento all'obbligo del pareggio di bilancio. Nel caso in cui la certificazione, sebbene in ritardo, sia trasmessa entro il successivo 30 aprile e attesti il conseguimento dell'obiettivo di saldo di cui al comma 466, si applicano, nei dodici mesi successivi al ritardato invio, le sole disposizioni di cui al comma 475, lettera e), limitatamente alle assunzioni di personale a tempo indeterminato.
Il mancato invio entro il 31 marzo della certificazione del rispetto dei saldi fa scattare la stessa sanzione prevista per il mancato rispetto degli stessi. Quindi, divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale fatte salve solo le assunzioni a tempo determinato fino al 31.12 per la protezione civile, la polizia locale, il sociale e l'istruzione
La sanzione è ridotta se l'invio avviene entro il 30 aprile e la certificazione è positiva. In questo caso scatta il "solo" divieto di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nei dodici mesi successivi al ritardato invio. Ne consegue che possono essere utilizzati tutti gli istituti contrattuali tipici del rapporto di lavoro flessibile. In questo caso, il divieto di assunzione a tempo indeterminato non dovrebbe comportare la perdita delle capacità assunzionali poiché la sanzione sembra consistere in un differimento di dodici mesi. Per chiarire meglio il concetto si pensi di inviare la certificazione, positiva, il 30 aprile. Fino al 31 marzo le facoltà assunzionali sono, in tutto e per tutto, pienamente in essere; parimenti, le stesse riprendono la loro vigenza dal 30 aprile dell'anno successivo. Quindi, per dodici mesi, le facoltà sono congelate, ma nella prima parte dell'anno e nella seconda parte dell'anno successivo, l'ente può utilizzare le facoltà assunzionali.
comma 471: la certificazione del rendiconto
471. Decorsi trenta giorni dal termine stabilito per l'approvazione del rendiconto di gestione, in caso di mancata trasmissione da parte dell'ente locale della certificazione, il presidente dell'organo di revisione economico-finanziaria nel caso di organo collegiale ovvero l'unico revisore nel caso di organo monocratico, in qualità di commissario ad acta, provvede, pena la decadenza dal ruolo di revisore, ad assicurare l'assolvimento dell'adempimento e a trasmettere la predetta certificazione entro i successivi trenta giorni. Nel caso in cui la certificazione sia trasmessa dal commissario ad acta entro sessanta giorni dal termine stabilito per l'approvazione del rendiconto di gestione e attesti il conseguimento dell'obiettivo di saldo di cui al comma 466, si applicano le sole disposizioni di cui al comma 475, lettere e) e f), tenendo conto della gradualità prevista al comma 476. (...)
Anche il ritardo nell'invio della certificazione al rendiconto ha effetti sulle assunzioni di personale. Decorsi trenta giorni dall'approvazione del consuntivo, nell'inerzia dell'ente, deve provvedere il revisore in qualità di commissario ad acta.
Anche in questo caso si applicano le sanzioni "ridotte" previste per gli enti che non hanno rispettato i saldi nel limite del 3%: divieto di assunzione a tempo indeterminato. Sono ammessi i rapporti di lavoro flessibile.
Non è chiaro se la sanzioni trovi applicazione nell'anno in cui si è verificato l'inadempimento, come sembrerebbe logico, ovvero nell'anno successivo come prevederebbe il comma 475 per il mancato rispetto dei saldi.
Anche in questo caso l'ente dovrebbe perdere le capacità assunzioni come nel caso di mancato rispetto dei saldi.
comma 480: sanzionati i comportamenti elusivi
480. I contratti di servizio e gli altri atti posti in essere dagli enti, che si configurano come elusivi delle regole di cui ai commi da 463 a 484, sono nulli.
Il legislatore, come in passato, censura in modo esplicito tutti gli atti e i contratti di servizio che hanno l'obiettivo di aggirare le norme descritte. In materia di personale la sanzione della nullità degli atti e dei contratti comporta, secondo la magistratura contabile, l'inesistenza dell'utilità per la pubblica amministrazione di quel contratto costituendo danno erariale tutto il corrispettivo erogato.
comma 508: mancata comunicazione delle spazi finanziari
508. Qualora l'ente territoriale beneficiario di spazi finanziari concessi in attuazione delle intese e dei patti di solidarietà previsti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 10, comma 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 243, non effettui la trasmissione delle informazioni richieste dal medesimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, non può procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto, fino a quando non abbia adempiuto.
Blocco delle assunzioni a tempo indeterminato anche in caso di mancata comunicazione delle informazioni connesse ai benefici finanziari ottenuti grazie ad intese e patti di solidarietà. Il divieto permane fino a quando l'ente non adempia.
La sanzione ha carattere transitorio e non dovrebbe comportare la perdita di capacità assunzionale. Sono ammessi i contratti di lavoro flessibile.
schema di sintesi
Facoltà assunzionali 2016-2019 (dopo la L. di stabilità 2017)
Ente |
Personale |
Norme/Regole |
2016 |
2017 |
2018 |
2019 |
|||
Enti soggetti ai saldi |
Non dirigenti | art. 1, c. 228, L. 208/2015: regola generale |
25% |
25% |
25% |
||||
art. 3, c. 5, D.L. 90/2014 |
100% |
||||||||
art. 1, c. 228, L. 208/2015: enti con popolazione inferiore a 10.000 abitanti e con rapporto personale-popolazione nei limiti degli enti dissestati |
75% |
75% |
75% |
||||||
art. 1, c. 479, L. 232/2016: enti che si scostano dall'obiettivo di saldo per meno dell'1% (senza limiti dimensionali) e rispetto delle certificazioni |
75% |
||||||||
art. 1, c. 228-bis, alla L. 208/2015 (introdotto dall'art. 17, D.L. 113/2016) stabilizzazione insegnanti scuola materna ed educatrici asili nido |
spesa media triennio 2013-2015 per assunzioni a termine degli stessi soggetti da attuare nel triennio 2016-2018 |
||||||||
Dirigenti | art. 3, comma 5, D.L. 90/2014 regola generale |
80% |
80% |
100% |
100% |
||||
art. 1, comma 219, L. 208/2015 |
indisponibilità dei posti vacanti al 15/10/2015 nelle more della riforma della dirigenza |
||||||||
Dirigenti e non dirigenti | art. 3, c. 5-quater, D.L. 90/2014: spesa personale sulle spese correnti pari o inferiore al 25% sospeso per gli anni 2017 e 2018 dall'art. 1, c. 228, L. 208/2015 |
100% |
100% |
||||||
art. 31, c. 26, L. 183/2011, art. 1, c. 723, L. 208/2015 e art. 1, c. 475, L. 232/2016: mancato rispetto del patto/saldi |
0% |
0% |
nell'anno successivo: ass. t.d. fino al 31.12 protezione civile, polizia, istruzione e sociale |
||||||
art. 1, c. 476, L. 232/2016: mancato rispetto dei saldi entro il 3% dal 2017 |
nell'anno successivo: divieto assunzioni a tempo indeterminato |
||||||||
art. 1, c. 228-quinquies, L. 208/2015 mancato rispetto del patto nel 2015 e rispetto dei saldi nel singolo anno: possibilità di stabilizzazione insegnanti scuola materna ed educatrici asili nido |
spesa media triennio 2013-2015 per assunzioni a termine degli stessi soggetti da attuare nel triennio 2016-2018 ai sensi dei commi 228-bis e 228-ter L. 208/2015 |
||||||||
Enti che nel 2015 non erano soggetti al patto di stabilità | Dirigenti e non dirigenti | art. 1, c. 562, L. 296/2006 e art. 1, c. 228, L. 208/2015: regola generale |
100% |
100% |
100% |
100% |
|||
Enti nati da fusioni dal 2011 |
Dirigenti e non dirigenti | art. 1, c. 229, L. 208/2015: regola generale |
100% |
100% |
100% |
100% |
|||
art. 1, c. 450, L. 190/2014 nei primi 5 anni |
nessun limite |
||||||||
Unioni di comuni |
Dirigenti e non dirigenti | art. 1, c. 229, L. 208/2015: regola generale |
100% |
100% |
100% |
100% |
|||
Funzioni associate comuni fino a 5.000 abitanti o fino a 3.000 se appartenenti a comunità montane |
Dirigenti e non dirigenti | art. 1, c. 28 e 31-quinquies, D.L. 78/2010: regola generale |
facoltà assunzionali cumulate fra gli enti coinvolti, possibilità di compensazione fra gli stessi |
comma 354: il congedo di paternità per il padre
354. L'applicazione delle disposizioni concernenti il congedo obbligatorio per il padre lavoratore dipendente, da fruire entro i cinque mesi dalla nascita del figlio, introdotte in via sperimentale per gli anni 2013, 2014 e 2015 dall'articolo 4, comma 24, lettera a), della legge 28 giugno 2012, n. 92, nonché, per l'anno 2016, dall'articolo 1, comma 205, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, è prorogata anche per gli anni 2017 e 2018. La durata del congedo obbligatorio per il padre lavoratore dipendente è aumentata a due giorni per l'anno 2017 e a quattro giorni per l'anno 2018, che possono essere goduti anche in via non continuativa; al medesimo congedo si applica la disciplina di cui al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 22 dicembre 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 37 del 13 febbraio 2013. Per l'anno 2018 il padre lavoratore dipendente può astenersi per un periodo ulteriore di un giorno previo accordo con la madre e in sua sostituzione in relazione al periodo di astensione obbligatoria spettante a quest'ultima. (…)
Prorogato per altri due anni il congedo obbligatorio del padre, nel caso di nascita del figlio. Il beneficio, istituito nel 2013, prevedeva un giorno di congedo di paternità al padre lavoratore dipendente. Come prescrive la norma, la disposizione aveva carattere sperimentale ma gli interventi legislativi ne hanno sempre prorogato la validità. All'origine, la durata del congedo era fissata in un giorno, dal 2016 è stata aumentata a due giorni e dal 2018 arriverà a quattro giorni. La fruizione può essere anche non continuativa. Sempre dal 2018 al padre si "regala" ulteriore giorno (e si arriva a cinque), ma in questo caso la madre deve ridursi il congedo per maternità per una giornata.
Ma per l'applicazione di tale disciplina ai dipendenti della Pubblica Amministrazione, la norma istitutiva del congedo (L. 92/2012), all'art. 1, commi 7 e 8, prevedeva che:
7. Le disposizioni della presente legge, per quanto da esse non espressamente previsto, costituiscono principi e criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, in coerenza con quanto disposto dall'articolo 2, comma 2, del medesimo decreto legislativo. Restano ferme le previsioni di cui all'articolo 3 del medesimo decreto legislativo.
8. Al fine dell'applicazione del comma 7 il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, individua e definisce, anche mediante iniziative normative, gli ambiti, le modalità e i tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche.
Il decreto del Ministro per la pubblica amministrazione non è stato, a tutt'oggi, emanato e, quindi, la disciplina non è applicabile ai dipendenti pubblici per l'assenza delle modalità applicative.
comma 364: i rinnovi contrattuali
364. Per il pubblico impiego sono complessivamente stanziati, per le finalità di cui ai commi 365 e 366, 1.920,8 milioni di euro per l'anno 2017 e 2.633 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018.
2. Nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze è istituito un fondo da ripartire con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con una dotazione di 1.480 milioni di euro per l'anno 2017 e di 1.930 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018, per le seguenti finalità:
a) determinazione, per l'anno 2017 e a decorrere dal 2018, degli oneri aggiuntivi, rispetto a quelli previsti dall'articolo 1, comma 466, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, e pari a 300 milioni di euro annui, posti a carico del bilancio dello Stato per la contrattazione collettiva relativa al triennio 2016-2018 in applicazione dell'articolo 48, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e per i miglioramenti economici del personale dipendente dalle amministrazioni statali in regime di diritto pubblico;(…)
Ci sono buone speranze perchè il nuovo CCNL, a distanza di sette anni dall'ultimo rinnovo, venga alla luce. La legge di bilancio rimpingua le poche risorse che sono state previste per il 2016 e che si riducevano a pochi euro di aumento mensile per ogni dipendente. Con i nuovi stanziamenti si arriva attorno ai 40/50 euro al mese, ma questi non bastano sicuramente se, come sembra, è intenzione del Governo rispettare l'accordo sottoscritto lo scorso 30 novembre con le organizzazioni sindacali nel quale, a regime e quindi dal 2018, sono previsti incrementi medi di 85 euro mensili. In sostanza, quindi, le somme stanziate sono circa la metà di quelle necessarie. Due sono le osservazioni da evidenziare:
- la previsione contenuta nella L. 232/2016 in ordine al finanziamento dei rinnovi contrattuali riguarda l'amministrazione dello stato. Le autonomie locali devono trovare gli spazi per poter corrispondere gli aumenti nei propri bilanci. A questo proposito, però, è da rilevare che gli incrementi previsti per lo Stato corrispondono a circa lo 0,36% del monte salari per il 2016, che sale all'1,09% per il 2017 e all'1,45% per il 2018. Per quanto riportato sopra, quindi, per il 2018, il bilancio di previsione degli enti locali dovrà annoverare spese per il nuovo contratto di importi simili e che si aggirano al 3% del monte salari;
- per poter procedere al rinnovo dei CCNL, è necessario che, prima, venga approvato il decreto legislativo attuativo della legge Madia, che va a correggere il D.Lgs. 165/2001. Considerato che lo stesso è stato approvato, in prima lettura, nel Consiglio dei Ministri del 23 febbraio scorso, adesso è atteso alle Commissioni parlamentari e al Consiglio di Stato per il prescritto parere, per passare, infine, in Conferenza unificata per l'accordo con le regioni e gli enti locali. La conclusione dell'iter è prevista per la fine di maggio, ma, nel frattempo, la Ministra Madia ha annunciato che procederà con gli atti di indirizzo all'Aran per delineare su quali binari dovranno riprendere le trattative fra l'Agenzia e le organizzazioni sindacali. Sembra inevitabile pensare che, anche nella migliore delle ipotesi, il nuovo CCNL non vedrà la luce prima del prossimo autunno.
comma 368: prorogate le graduatorie di concorso
368. All'articolo 4, comma 4, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, la parola: «2016» è sostituita dalla seguente: «2017». Sono altresì prorogate, fino al 31 dicembre 2017, le graduatorie vigenti del personale dei corpi di cui all'articolo 66, comma 9-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.
Ennesima proroga delle graduatorie di concorso. Da un po' di anni arriva con una certa puntualità il provvedimento che sposta in avanti di un anno la scadenza della validità delle graduatorie ormai parecchio datate. Di seguito, si riporta l'elenco delle disposizioni che hanno portato le graduatorie approvate dopo il 30 settembre 2003 ad essere tuttora valide:
- art. 17, comma 19, Dl. n. 78/2010: i termini di validità delle graduatorie di concorso approvate dopo il 30 settembre 2003 sono prorogate al 31 dicembre 2010;
- art. 1, comma 1, Dl. n. 225/2010: il predetto termine è prorogato al 31 marzo 2011;
- Dpcm 28 marzo 2011: il termine è ulteriormente spostato al 31 dicembre 2011;
- art. 1, comma 4, Dl. n. 216/2011, convertito in L. n. 14/2012: proroga al 31 dicembre 2012 le graduatorie approvate successivamente al 30 settembre 2003;
- il predetto termine del 31 dicembre 2012 è stato ulteriormente spostato al 30 giugno 2013 dall'art. 1, comma 388, della L. n. 228/2012;
- il termine è portato al 31 dicembre 2015 dall'art. 4 del Dl. n. 101/2013;
- in sede di conversione del Dl. n. 101/2013, la L. n. 125/2013 ha modificato il termine del 31 dicembre 2015 in 31 dicembre 2016.
Con la legge di bilancio 2017, il termine del 31 dicembre 2016 previsto dal suddetto Dl. 101/2013 viene spostato fino alla fine del 2017. La disposizione, però, era subito apparsa poco felice in quanto considerava solo le graduatorie vigenti alla data di entrata in vigore del Dl. 101/2013, vale a dire il 31 agosto 2013. In sostanza, quindi, ad una graduatoria approvata in novembre 2013, la disposizione non era applicabile e, quindi, la stessa seguiva la regola ordinaria che vede la durata di validità di una graduatoria per tre anni, secondo quanto stabilito dall'art. 35, comma 5ter, del D.Lgs. 165/2001. Di conseguenza, ci si trovava di fronte al paradosso secondo il quale una graduatoria approvata, ad esempio, nel 2004 era vigente mentre quella approvata alla fine del 2013 era scaduta. A ciò ha messo rimedio il decreto milleproroghe, il quale, all'art. 1, comma 1, il quale dispone che:
1. L'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato, approvate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, relative alle amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni, è prorogata al 31 dicembre 2017, ferma restando la vigenza delle stesse fino alla completa assunzione dei vincitori e, per gli idonei, l'eventuale termine di maggior durata della graduatoria ai sensi dell'articolo 35, comma 5-ter del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
In sostanza, quindi, tutte le graduatorie approvate dopo il 30 settembre 2003 sono valide fino al 31 dicembre 2017 ovvero fino al maggior termine applicando alla data di approvazione l'ordinaria validità di un triennio.
comma 445: autorizzate assunzioni in deroga per Matera
445. All'articolo 1, comma 347, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Alle spese relative al personale assunto con contratto a tempo determinato ai fini dell'attuazione del presente comma, fermo restando il rispetto degli obiettivi di finanza pubblica previsti per gli enti territoriali, fino al 31 dicembre 2019 non si applicano i limiti di cui all'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e le vigenti disposizioni in materia di contenimento della spesa di personale».
Assunzioni libere per il restauro di Matera, e, in particolare, per il rione Sassi e per il prospiciente altopiano murgico. I lavori sono partiti con la L. 771 del 1986, che ne forniva i relativi finanziamenti e autorizzava l'assunzione di personale in deroga ai limiti allora vigenti. Con la L. 208/2015, è stato rifinanziato il relativo progetto per il quadriennio 2016/2019 con 5 milioni di euro all'anno. Con la legge di bilancio 2017 si provvede a prorogare l'esclusione dal tetto al lavoro flessibile, previsto dall'art. 9, comma 28, del Dl. 78/2010, e da tutte le altre norme in materia di contenimento della spesa di personale (in primis i commi 557 e 562 dell'art. 1 della L. 296/2006), le assunzioni a tempo determinato che si rendono necessario per procedere con i lavori di restauro, fermo restando il solo rispetto dei vincoli in materia di finanza pubblica previsti per gli enti locali. Tale esclusione è disposta fino a tutto il 2019.
comma 163: finanziate le stabilizzazioni in Calabria
163. Per consentire il completamento delle procedure di cui all'articolo 1, comma 207, terzo periodo, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, da concludere inderogabilmente entro il 31 dicembre 2017, è autorizzata la spesa di 50 milioni di euro per l'anno 2017, a titolo di compartecipazione dello Stato. La regione Calabria dispone con propria legge regionale la copertura finanziaria a carico del bilancio della regione medesima degli ulteriori oneri necessari derivanti da quanto previsto dal primo periodo e assicura la compatibilità dell'intervento con il raggiungimento dei propri obiettivi di finanza pubblica.
La legge di bilancio 2017 finanzia, con ulteriori 50 milioni di euro, il programma iniziato nel 2008 con la L. 296/2006 volto alla stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili e poi allargato a quelli di pubblica utilità e ai soggetti titolari del trattamento straordinario di integrazione salariale, del trattamento di indennità di mobilità e di altro trattamento speciale di disoccupazione utilizzati nella regione Calabria. Il percorso prevede il passaggio dalle forme di lavoro sopra specificate al contratto di lavoro subordinato a tempo determinato. Tali assunzioni sono esonerate, per espressa previsione di legge, dal rispetto del tetto al lavoro flessibile previsto dall'art. 9, comma 28, del Dl. 78/2010. Le restanti risorse finanziarie necessarie per il completamento delle assunzioni a tempo determinato, nei termini sopra indicati, devono essere messe a disposizione dalla regione Calabria. Come sottolineato dal comma 163, il percorso di stabilizzazione deve concludersi inderogabilmente entro il 31 dicembre 2017.
comma 165: ridotte le aliquote della gestione separata per i titolari di partita IVA
A decorrere dall'anno 2017, per i lavoratori autonomi, titolari di posizione fiscale ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, iscritti alla Gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, che non risultano iscritti ad altre gestioni di previdenza obbligatoria né pensionati, l'aliquota contributiva di cui all'articolo 1, comma 79, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, è stabilita in misura pari al 25 per cento.
Il percorso di favore intrapreso negli anni scorsi e che riguardava, in sostanza, il blocco degli aumenti contributivi previsti per i soggetti iscritti alla gestione separata e titolari di partita IVA, nel 2017 non solo prosegue su questa strada ma viene forzata la mano e si procede ad una riduzione delle aliquote. Si passa, quindi, dal 27% dello scorso anno al 25%, a cui si deve, comunque, sommare lo 0,72% previsto dall'art. 59, comma 16 della L. 449/1997 e destinato a finanziare l'estensione, agli iscritti alla gestione separata delle tutele previste in ordine alla maternità, alla malattia, al congedo parentale, alla corresponsione degli assegni al nucleo familiare, ecc.
Quindi, per il 2017, le aliquote contributive per gli iscritti alla gestione separata risultano così determinate:
- liberi professionisti 25,72% (art. 1, c. 165, L. 232/2016)
- soggetti iscritti ad altre gestioni 24,00% (art. 2, c. 57, L. 92/2012)
- pensionati 24,00% (art. 2, c. 57, L. 92/2012)
- altri soggetti iscritti alla gestione separata 32,72% (art. 2, c. 57, L. 92/2012)
Le collaborazioni nel 2017
Parlando di contribuzione alla gestione separata appare opportuno ricordare anche le novità previste per l'anno in corso in tema di collaborazione, anche se non contenute nella legge di bilancio. La normativa di riferimento è rappresentata dall'art. 2 del D.Lgs. 81/2015 (il cosiddetto jobs act) il quale prevedeva che:
1. A far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.
2. La disposizione di cui al comma 1 non trova applicazione con riferimento:
a) alle collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore;
b) alle collaborazioni prestate nell'esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali;
c) alle attività prestate nell'esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;
d) alle collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I., come individuati e disciplinati dall'articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289; d-bis) alle collaborazioni prestate nell'ambito della produzione e della realizzazione di spettacoli da parte delle fondazioni di cui al decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367 .
3. Le parti possono richiedere alle commissioni di cui all'articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, la certificazione dell'assenza dei requisiti di cui al comma 1. Il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro.
4. Fino al completo riordino della disciplina dell'utilizzo dei contratti di lavoro flessibile da parte delle pubbliche amministrazioni, la disposizione di cui al comma 1 non trova applicazione nei confronti delle medesime. Dal 1° gennaio 2017 è comunque fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di stipulare i contratti di collaborazione di cui al comma 1.
La norma, in sostanza, prevede che non possano più sussistere le collaborazioni caratterizzate dai seguenti elementi:
1) le prestazioni di lavoro devono essere svolte esclusivamente dal collaboratore;
2) la collaborazione deve essere caratterizzata dalla continuità;
3) le modalità di esecuzione delle prestazioni sono determinate dal committente. La norma specifica "anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro", ma si possono anche aggiungere le istruzioni operative, gli strumenti da utilizzare, i referenti interni, ecc.
Alle collaborazioni che presentano queste caratteristiche si applica la normativa sul lavoro dipendente. In pratica sono trasformate ex lege in contratti di lavoro subordinato. Il comma 2 dell'art. 2 in commento prevede delle eccezioni a tale presunzione: tra queste, di interesse per la pubblica amministrazione, vi sono, senza dubbio, le collaborazioni prestate nell'esercizio di professioni intellettuali per le quali è previsto l'iscrizione all'albo (lettera b) e la partecipazione quali componenti degli organi di amministrazione e controllo di società e di collegi o commissioni (lettera c).
Nel jobs act erano previste due differenti decorrenze delle norma, a seconda che si trattasse di un committente privato oppure di pubblica amministrazione. Per il primo l'entrata in vigore era fissata con le ordinarie regole previste per l'intero decreto legislativo, mentre per le pubbliche amministrazioni era fissata una data precisa. Il comma 4 prevedeva che a partire dal 1° gennaio 2017 era vietato stipulare contratti di collaborazione che presentassero le tre caratteristiche sopra elencate. In verità la decorrenza del divieto poteva anche essere anticipata in quanto la norma stabiliva, quale termine iniziale, l'approvazione del riordino del lavoro flessibile nella PA e, solo in subordine, qualora tale riordino non fosse stato approvato, si doveva far riferimento alla data del 1° gennaio 2017.
Sull'argomento è intervenuto anche il decreto milleproroghe di fine 2016, il quale, all'art. 1, comma 8, ha disposto che:
All'articolo 2, comma 4, secondo periodo, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, le parole: «1° gennaio 2017» sono sostituite dalle seguenti: «1° gennaio 2018».
In sostanza, quindi, solo dal 1° gennaio 2018 scatterà, per la pubblica amministrazione, il divieto di stipulare contratti di collaborazione con le caratteristiche sopra elencate, a meno che, per quanto detto in precedenza, venga approvata, prima di tale data, la riforma del lavoro flessibile nella PA.
commi da 166 a 186: l'anticipo finanziario a garanzia pensionistica (APE)
166. A decorrere dal 1° maggio 2017, in via sperimentale fino al 31 dicembre 2018, è istituito l'anticipo finanziario a garanzia pensionistica (APE). L'APE è un prestito corrisposto a quote mensili per dodici mensilità a un soggetto in possesso dei requisiti di cui al comma 167 del presente articolo fino alla maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia di cui all'articolo 24, commi 6 e 7, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. La restituzione del prestito avviene a partire dalla maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia, con rate di ammortamento mensili per una durata di venti anni. Il prestito è coperto da una polizza assicurativa obbligatoria per il rischio di premorienza.
167. L'APE può essere richiesto dagli iscritti all'assicurazione generale obbligatoria, alle forme sostitutive ed esclusive della medesima e alla Gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, che, al momento della richiesta di APE, hanno un'età anagrafica minima di 63 anni e che maturano il diritto a una pensione di vecchiaia entro 3 anni e 7 mesi, purché siano in possesso del requisito contributivo minimo di venti anni e la loro pensione, al netto della rata di ammortamento corrispondente all'APE richiesta, sia pari o superiore, al momento dell'accesso alla prestazione, a 1,4 volte il trattamento minimo previsto nell'assicurazione generale obbligatoria. Non possono ottenere l'APE coloro che sono già titolari di un trattamento pensionistico diretto.
(...)
175. Le modalità di attuazione delle disposizioni di cui ai commi da 165 a 174 e gli ulteriori criteri, condizioni e adempimenti per l'accesso al finanziamento, nonché i criteri, le condizioni e le modalità di funzionamento del Fondo di garanzia di cui al comma 173 e della garanzia di ultima istanza dello Stato sono disciplinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
La manovra del Governo sul tema delle pensioni ha, come fulcro, il nuovo istituto dell'APE ovvero l'anticipo pensionistico. Al contrario di quanto previsto nei passati interventi in materia, non si tratta di uno strumento che favorisca o scoraggi l'accesso al trattamento di quiescenza, ma si realizza in una anticipazione sugli importi di pensione che saranno maturati negli anni seguenti. Come viene definito esplicitamente l'APE si tratta di un prestito che, in sostanza, presenta le seguenti caratteristiche:
1) requisito soggettivo: il dipendente che chiede l'APE non deve essere titolare di una pensione diretta;
2) requisito anagrafico: al lavoratore dipendente, pubblico o privato, per accedere all'APE, devono mancare 3 anni e 7 mesi per accedere alla pensione di vecchiaia. In altre parole, il dipendente deve aver compiuto i 63 anni;
3) requisito contributivo: il soggetto deve aver maturato almeno vent'anni. A differenza dell'età anagrafica, la norma non specifica quando tale anzianità contributiva deve essere maturata. Considerato che i vent'anni rappresentano il minimo contributivo per accedere alla pensione di vecchiaia, si presume che questi debbano essere maturati nel momento che il lavoratore viene collocato a riposo e non nel momento in cui accede all'APE;
4) requisito economico: l'importo del trattamento di quiescenza, a cui il dipendente avrà diritto nel momento in cui accede alla pensione di vecchiaia, già depurata della rata prevista per la restituzione del prestito, non deve essere inferiore a 1,4 volte il minimo Inps. Per l'anno 2017, tale minimo, nell'assicurazione generale obbligatoria, è stato fissato in Euro 6.524,57, con circolare Inps n. 8 del 17 gennaio 2017;
5) decorrenza: è possibile accedere all'APE solo con decorrenza 1° maggio 2017. La norma ha carattere sperimentale e tale sperimentazione scade il 31 dicembre 2018;
6) corresponsione: come si diceva l'APE si traduce, in sostanza, in un debito, il cui importo non viene erogato in un'unica soluzione ma in dodici rate mensili. Non è quindi prevista una sorta di tredicesima, al contrario della pensione vera e propria;
7) garanzia: per poter beneficiare dell'APE il lavoratore deve stipulare, obbligatoriamente, una polizza assicurativa contro il rischio dell'evento morte che si potrebbe verificare prima che sia completata la rifusione del prestito;
8) restituzione: il prestito viene restituito mediante trattenuta mensile sulla pensione. Tale trattenuta decorre dall'accesso del dipendente al trattamento di quiescenza e dura per vent'anni.
La disciplina contenuta nella legge di bilancio 2017 presenta vari aspetti ancora da definire. Il comma 175 precisa che le modalità di attuazione, i criteri, le condizioni e gli adempimenti necessari per chiedere l'APE nonchè le modalità di funzionamento del fondo di garanzia sono definite in un Dpcm, da emanarsi di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro il 1° marzo, termine che non risulta, ad oggi, rispettato.
comma 194: abolite definitivamente le penalizzazioni sulla pensione
Con effetto sui trattamenti pensionistici decorrenti dal 1º gennaio 2018, le disposizioni di cui all'articolo 24, comma 10, terzo e quarto periodo, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in materia di riduzione percentuale dei trattamenti pensionistici, non trovano applicazione.
Come si ricorderà, con il Dl. 201/2011 aveva introdotto una penalizzazione per tutti i soggetti che avessero chiesto il pensionamento anticipato e non avessero ancora compiuto i 62 anni di età. Tale penalizzazione era pari all'1% all'anno per le prime due annualità mancanti, dal terzo anno in poi saliva al 2%. Disponeva, infatti, la norma, all'art. 24, comma 10:
10. A decorrere dal 1° gennaio 2012 e con riferimento ai soggetti la cui pensione è liquidata a carico dell'AGO e delle forme sostitutive ed esclusive della medesima, nonché della gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, che maturano i requisiti a partire dalla medesima data l'accesso alla pensione anticipata ad età inferiori ai requisiti anagrafici di cui al comma 6 è consentito esclusivamente se risulta maturata un'anzianità contributiva di 42 anni e 1 mese per gli uomini e 41 anni e 1 mese per le donne, con riferimento ai soggetti che maturano i requisiti nell'anno 2012. Tali requisiti contributivi sono aumentati di un ulteriore mese per l'anno 2013 e di un ulteriore mese a decorrere dall'anno 2014. Sulla quota di trattamento relativa alle anzianità contributive maturate antecedentemente il 1° gennaio 2012, è applicata una riduzione percentuale pari ad 1 punto percentuale per ogni anno di anticipo nell'accesso al pensionamento rispetto all'età di 62 anni; tale percentuale annua è elevata a 2 punti percentuali per ogni anno ulteriore di anticipo rispetto a due anni. Nel caso in cui l'età al pensionamento non sia intera la riduzione percentuale è proporzionale al numero di mesi.
Considerate le proteste che tale disposizione aveva generato, ancor prima della sua entrata in vigore, prevista per il 1° gennaio 2012, con il Dl. 216/2011 ne venne sospesa la sua applicazione fino al 31 dicembre 2017. Disponeva, infatti, l'art. 6, comma 2-quater del predetto Dl. 21/2011:
2-quater. All'articolo 24, comma 14, lettera c), del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, le parole: «di almeno 59 anni di età» sono sostituite dalle seguenti: «di almeno 60 anni di età». Le disposizioni di cui all'articolo 24, comma 10, terzo e quarto periodo, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in materia di riduzione percentuale dei trattamenti pensionistici, non trovano applicazione limitatamente ai soggetti che maturano il previsto requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017.
La norma, quindi, doveva tornare ad applicarsi dal 1° gennaio 2018. Con la legge di bilancio 2017 ne viene sancita, definitivamente, la non applicazione.
comma 195: la ricongiunzione gratuita
All'articolo 1, comma 239, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo periodo, le parole: «e alle forme sostitutive ed esclusive della medesima,» sono inserite le seguenti: «nonché agli enti di previdenza di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103,» e le parole «qualora non siano in possesso dei requisiti per il diritto al trattamento pensionistico » sono soppresse;
b) il secondo periodo è sostituito dal seguente: « La predetta facoltà può essere esercitata per la liquidazione del trattamento pensionistico a condizione che il soggetto interessato abbia i requisiti anagrafici previsti dal comma 6 dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e il requisito contributivo di cui al comma 7 del medesimo articolo 24, ovvero, indipendentemente dal possesso dei requisiti anagrafici, abbia maturato l'anzianità contributiva prevista dal comma 10 del medesimo articolo 24, adeguata agli incrementi della speranza di vita ai sensi dell'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, nonché per la liquidazione dei trattamenti per inabilità e ai superstiti di assicurato deceduto ».
Così come riportata nella legge di bilancio 2017, la disposizione appare di difficile lettura, come tutte le norme che apportano modifiche a testi precedenti. Per comodità, si riporta il testo modificato del comma 239 della legge finanziaria 2013:
Art. 1, comma 239, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (TESTO ATTUALE)
239. Ferme restando le vigenti disposizioni in materia di totalizzazione dei periodi assicurativi di cui al decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 42, e di ricongiunzione dei periodi assicurativi di cui alla legge 7 febbraio 1979, n. 29, e successive modificazioni, i soggetti iscritti a due o più forme di assicurazione obbligatoria per invalidità, vecchiaia e superstiti dei lavoratori dipendenti, autonomi, e degli iscritti alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, nonché agli enti di previdenza di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, che non siano già titolari di trattamento pensionistico presso una delle predette gestioni, hanno facoltà di cumulare i periodi assicurativi non coincidenti al fine del conseguimento di un'unica pensione. La predetta facoltà può essere esercitata per la liquidazione del trattamento pensionistico a condizione che il soggetto interessato abbia i requisiti anagrafici previsti dal comma 6 dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e il requisito contributivo di cui al comma 7 del medesimo articolo 24, ovvero, indipendentemente dal possesso dei requisiti anagrafici, abbia maturato l'anzianità contributiva prevista dal comma 10 del medesimo articolo 24, adeguata agli incrementi della speranza di vita ai sensi dell'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, nonché per la liquidazione dei trattamenti per inabilità e ai superstiti di assicurato deceduto
La norma ha lo scopo di favorire la riunione dei contributi e, quindi, l'accesso al pensionamento dei lavoratori che hanno effettuato versamenti previdenziali in diverse gestioni. Fino ad oggi due erano gli strumenti:
1) la ricongiunzione prevista dalla L. 29/79, ma molto spesso questa operazione risultava molto onerosa, soprattutto se la domanda veniva presentata vicino al momento del pensionamento;
2) la totalizzazione, che, al contrario della ricongiunzione, è gratuita ma la cui applicazione implica il calcolo della pensione, nella sua interezza, con il sistema contributivo, indipendentemente dalla quantità di contributi versati, con conseguente significativa decurtazione del trattamento di quiescenza.
La disciplina della ricongiunzione gratuita era già prevista nella legge finanziaria 2013, ma l'istituto era poco utilizzato in quanto presupponeva che:
a) il dipendente non avesse raggiunto un autonomo diritto di pensione in una delle gestioni previdenziali interessate;
b) la ricongiunzione gratuita era utilizzabile solo per raggiungere il diritto alla pensione di vecchiaia.
Sicuramente l'intervento della legge di stabilità 2017 porta beneficio ai lavoratori. Il nuovo testo normativo consente al lavoratore di poter considerare utile ai fini del raggiungimento del diritto a pensione, i contributi versati:
- all'assicurazione generale obbligatoria (AGO), sia per quanto riguarda i dipendenti (FPLD) che per quanto attiene le gestioni speciali dei lavoratori autonomi;
- ai fondi sostitutivi dell'AGO: ne sono esempi l'Inpgi, l'ex Enpals, il fondo ex elettrici, il fondo ex telefonici, ecc.;
- ai fondi esclusivi dell'AGO: ex Cassa Stato, ex Cpdel, ex, Cps, ex Cpiasep, ex Cpug, ex fondo FS, ex Fondo Poste;
- alla gestione separata Inps;
- alle Casse dei liberi professionisti.
Risulta, anche ad oggi, condizione essenziale che il lavoratore non abbia richiesta la liquidazione di un trattamento di quiescenza in una delle gestioni interessate.
L'altra grossa novità della legge di stabilità 2017 riguarda la possibilità di cumulare i periodi anche ai fini del conseguimento del diritto alla pensione anticipata, vale a dire quella che viene conseguita, indipendentemente dall'età anagrafica, al raggiungimento dei 42 anni e 10 mesi di contributi, se uomo, e 41 anni e 10 mesi, se donna. Tale limite è aggiornato ogni tre anni alla speranza di vita. Il prossimo aggiornamento scatterà con decorrenza 1° gennaio 2019. Il cumulo prende in considerazione solo i periodi non coincidenti temporalmente.
Con la ricongiunzione gratuita si può raggiungere il diritto alla pensione :
- di vecchiaia, e, in questo caso, si applicherà il limite di età più elevato presente nelle diverse gestioni previdenziali interessate;
- di anzianità, con i limiti contributivi sopra indicati;
- di inabilità;
- indiretta.
Conseguito il diritto, ogni gestione calcolerà la parte di trattamento di quiescenza di propria competenza, secondo le regole di calcolo che si applicano in ciascun ordinamento e sulla base delle retribuzioni di riferimento in possesso da ognuna delle predette gestioni. Appare, quindi, evidente come, seppur non abrogata espressamente, risulta del tutto antieconomico il ricorso del lavoratore alla totalizzazione, per gli aspetti negativi che questa comporta e in precedenza illustrati. Resta, invece, interessante la ricongiunzione, la quale comporta il trasferimento dei contributi in un'unica gestione (con la ricongiunzione gratuita i contributi restano nelle diverse gestioni interessate), tutte le volte che l'onere da ricongiunzione è contenuto o del tutto assente e vengono concentrati i contributi nella gestione previdenziale che applica le regole di calcolo più vantaggiose per il lavoratore, con il risultato di una pensione più pesante.