Calcolo quadruplo per gli aumenti in busta delle posizioni economiche nel fondo
30 Luglio 2018 - Il Sole 24 Ore - Enti Locali & PA - di Tiziano Grandelli e Mirco Zamberlan
L’incremento del fondo decentrato con il differenziale delle posizioni economiche trova finalmente spazio nel contratto nazionale (articolo 67, comma 2, lettera b). La Ragioneria generale, con la circolare sul conto annuale, chiede di rideterminare i fondi 2016 e 2017 inserendo i differenziali in discontinuità rispetto al passato.
La vecchia impostazione
Il tema non è nuovo in quanto già nelle dichiarazioni congiunte dei contratti del 2004, 2006 e 2009 e oggetto di un parere Aran (Ral 1725). L’Agenzia suggeriva un percorso rigoroso:
1) elenco del personale in servizio alla data di firma del contratto nazionale;
2) indicazione per ogni dipendente della posizione economica a quella data (non si considerano quelle successive con effetto retroattivo);
3) calcolo del differenziale annuo;
4) incremento del fondo a regime della somma dei singoli differenziali.
Il parere specifica che l’importo rimane invariato anche con eventuali cessazioni. In pratica si faceva una fotografia del personale alla data della firma del contratto nazionale. La ratio era quella indicata nelle dichiarazioni congiunte, cioè che i differenziali fossero finanziati «con le risorse nazionali del contratto nazionale e quindi a carico dei bilanci degli enti». Questa impostazione non prevedeva la necessità di riaprire i fondi degli anni precedenti come invece emerge dalle indicazioni della Ragioneria, con appesantimenti di calcolo non indifferenti.
Le novità
Qualcosa è cambiato. La novità è nel fatto che una dichiarazione congiunta richiama un principio mentre il testo del contratto regolamenta un istituto specifico. In effetti il contratto prevede che il calcolo delle differenze sia effettuato con «riferimento al personale in servizio alla data in cui decorrono gli incrementi e confluiscono nel fondo a decorrere dalla medesima data».
A questo punto le cose si complicano rispetto al parere Aran perché il calcolo non può più essere effettuato alla firma del contratto (una sola volta) ma «alla data in cui decorrono gli incrementi» stipendiali, cioè il 1° gennaio 2016, il 1° gennaio 2017, il 1° marzo 2018 e il 1° aprile 2018. E qui si aprono vari problemi.
In primo luogo l’aumento del 1° aprile 2018 congloba nel tabellare l’indennità di vacanza contrattuale, che a sua volta contiene dei differenziali Peo; il conglobamento dovrebbe essere trattato come tutti gli incrementi contrattuali altrimenti verrebbe meno la ratio che mette i differenziali a carico delle risorse nazionali.
Sembrerebbe poi logico annualizzare i differenziali calcolati all’inizio del 2016 e del 2017 con il metodo suggerito nel parere Aran, ma nel 2018 si dovrebbe:
• per i primi due mesi considerare i differenziali mensili calcolati al 1° gennaio 2017 (precedente aumento contrattuale);
• per marzo considerare l’aumento al 1° marzo 2018, e per i mesi da aprile a dicembre più il rateo di tredicesima proiettare per 10 mesi i differenziali calcolati al 1° aprile 2018. Ma non è finita perché nel 2019 si dovrebbero calcolare per 13 mesi i differenziali mensili quantificati al 1° aprile 2018. Si potevano pensare strade meno complicate.
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