Enti locali tenuti a versare i contributi per gli amministratori liberi professionisti anche se non sospendono la loro attività
24 Luglio 2024 - Il Sole 24 Ore – Norme & Tributi+ Enti Locali - di Mirco Zamberlan
In breve
Cassazione vs Corte dei conti e ministero dell’interno che avevano dato una interpretazione particolarmente restrittiva
Gli enti locali hanno l’obbligo di versare i contributi per gli amministratori liberi professionisti anche se non sospendono, durante il mandato, l’attività di lavoro autonomo. Il principio è stato ribadito dalla Cassazione, con la sentenza n. 18396/2024, a fronte del contenzioso promosso dal Presidente di un consiglio comunale.
La pronuncia tratteggia in modo cristallino il contenuto dell’articolo 86 del Tuir che identifica gli obblighi previdenziali in capo all’ente locale. Il primo comma regolamenta il caso dei dipendenti che richiedono al proprio datore di lavoro di essere collocati in aspettativa non retribuita in forza dell’incarico politico rivestito. In questo caso il legislatore ha previsto che il Comune versi i contributi atteso che, in caso contrario, rischierebbe di non avere una copertura previdenziale per questo periodo. Il comma successivo richiama lo stesso principio per i lavoratori autonomi, prevedendo che l’ente debba effettuare i versamenti «allo stesso titolo» previsto per i dipendenti. Quest’ultima locuzione ha ingenerato un problema interpretativo.
La Corte dei conti e il ministero dell’interno avevano dato, come spesso accade, una interpretazione particolarmente restrittiva asserendo che l’obbligo contributivo per i lavoratori autonomi scattava solo nel momento in cui venisse sospesa l’attività libera professionale durante il mandato elettivo. Si veniva a creare una sorta di parallelo giuridico tra «aspettativa non retribuita» dei dipendenti e la sospensione delle prestazioni per i lavoratori autonomi.
La Cassazione si muove in una direzione diametralmente opposta. Il percorso interpretativo muove dal fatto che l’aspettativa non retribuita è un istituto che «può riguardare esclusivamente i lavoratori dipendenti» con la conseguenza che «per i lavoratori autonomi la condizione di cui al primo comma (cioè l’aspettativa non retribuita)» risulta “inconcepibile”. Su questo presupposto l’espressione «allo stesso titolo», prevista nel secondo comma, «mira a chiarire solo che, anche per i lavoratori autonomi, il versamento ha la medesima causale di quello previsto per i lavoratori subordinati», ovvero che ha ad oggetto gli «oneri assistenziali, previdenziali e assicurativi» dovuti alle casse di appartenenza. La Suprema Corte evidenzia che ratio trova fondamento nell’articolo 51, comma 3, della Costituzione che garantisce, oltre alla garanzia del posto di lavoro, anche una tutela previdenziale ai soggetti che svolgono funzioni pubbliche elettive. Per gli autonomi la tutela del posto di lavoro si concretizza da una parte consentendo di proseguire la propria attività durante il mandato e dall’altra beneficiando del versamento contributivo.
L’impianto interpretativo era già stato oggetto di una precedente pronuncia (sentenza n. 24615/2023) che per la prima volta aveva aperto la strada ad una lettura completamente diversa da quella indicata dalla magistratura contabile e dall’Interno. Si potrebbe quindi affermare che si tratta di una interpretazione consolidata che dovrebbe essere da faro per gli enti locali, i quali in questo periodo hanno rinnovato i propri amministratori.
Non si hanno notizie della posizione degli altri interpreti istituzionali a fronte dei pronunciamenti giurisprudenziali richiamati.
Rimane aperta una questione non proprio secondaria relativa al possibile ristoro dei versamenti già effettuati negli anni passati direttamente dagli amministratori professionisti nonché della relativa prescrizione.
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